top of page
Cerca

Propaganda

@AleCarchia

La funzione dei mass media è certamente la comunicazione di messaggi, siano essi vacui o profondi concetti, a volte però la funzione coincide con il servizio fornito dando voce a ben precise espressioni della comunità.

Con propaganda si vuole indicare non l'estrema ratio sul tema, la sua sublimazione che coincide spesso con sistemi di governo che hanno segnato e in alcuni casi segna tutt'ora la rappresentazione di una tirannia, più o meno celata, ma quella distorsione di una forma di stato e di governo sulla carta democratica ma profondamente viziata.

Oggetto della trattazione, la propaganda, non vuole essere circoscritta alla sola burocrazia statale quale unico potere a governo tanto delle amministrazioni quanto degli stessi organi di controllo e di diffusione e comunicazione.

La propaganda deve essere inteso a fondo, non si configura esclusivamente nella casistica storia di regimi totalitari, tirannie ed imperi ove la comunicazione permea la società quale morfina comunicativa, sedando dissidenze, proposte o richieste di delucidazioni.


La propaganda in esame è quella che caratterizza i sistemi dove i media sono privati, quindi liberi dal controllo diretto da parte di organi statali e non esiste una censura formale.

Di fatto ad oggi, si può intendere e ricomprendere in questa categoria ogni apparato governativo occidentale ma non solo, inserito in un contesto democratico e liberale, ove la libertà di espressione si erge quale garanzia cardine dalla quale si diramano i diversi rappresentati dei media nazionali e non solo.

Alla base di questa analisi i media che operano in questi contesti, sono ancor più garantiti nei loro requisiti di libertà espressiva in quanto agiscono in un sistema di concorrenza, reso possibile dalla necessità di dare voce, su temi e questioni socialmente rilevanti a diverse voci, assicurando pluralità di espressione.


In quest'ottica l'analisi utopica di una concorrenza che fornisca alla comunità letture differenti su una tematica di rilevanza sociale, politica, economica e via discorrendo deve fare i conti però sulla natura stessa dei media, sui loro rapporti, sulle notizie e sulla loro modalità di rielaborazione e divulgazione.

Per iniziare a vedere cosa sia oggi la propaganda dobbiamo inquadrare l'analisi partendo da più lontano.

Lontano in termini temporali e non solo, anche come punto di analisi, meno incentrato sul prodotto finito dei media, ovvero la notizia riportata mezzo stampa, radio, tv, ma sulla notizia stessa, ancora non trasformata e rielaborata.

In soldoni la notizia stessa in forma grezza, un'identità definita ma non definibile a posteriori perché interpretata, modellata, tradotta e digerita, per essere data in pasto ad un pubblico: un pubblico volontariamente predeterminato.

Si crea nei media un cortocircuito nel quale il prodotto grezzo è oggetto non più soggetto, da poter modificare, abbellire e confezionare per essere sottoposto ad un pubblico selezionato, per status, valori economici, classe e posizione.


Risulta ovvio quindi che il processo, partendo dalla notizia grezza quale univoca deve essere filtrato dai media, attraverso diversi passaggi per essere poi ritenuto idoneo attraverso opportune migliorie prima di finire in pasto alla platea.

In primo luogo resta fondamentale determinare di chi si sta parlando, chi sono i media.

Il primo step in questo processo è quindi da rintracciare nell'analisi dei mass media secondo alcuni parametri non sempre facilmente definibili: La storia dei media ha visto un'ingigantimento delle dimensioni degli stessi, si pensi a radio e carta stampata, dapprima caratterizzanti di territori di minori dimensioni, rispondendo ad esigenze di carattere divulgativo in larga parte su notizie di rilevanza locale, integrando, attraverso l'importazione di contenuti esterni di notizie e informazioni di carattere nazionale, continentale e internazionale.

L'azione di controllo sul prodotto grezzo era diretta nel caso di notizie di natura locale mentre sempre meno verificabili su tematiche importate, delle quali si accettava la visione proposta dal "mercato".

Negli anni inoltre i media hanno attraversato un momento di concentrazione sempre più marcato, di fatto i media sono passati dalle mani di molteplici operatori a ristrette cerchie, di fatto concentrandosi sotto uniche proprietà.

Le diverse testate, emittenti, stazioni e case di produzione, si sono accorpate sotto unici ombrelli, creando copie omologhe di pensiero unico, battenti bandiere diverse.

La dimensione dei gruppi, assoggettai ad un un'unica proprietà, ha tradito lo scopo, non ha fornito l'auspicata differenziazione, ne sui contenuti, ne sui punti di vista riferiti agli stessi, ha contribuito a restringere la portata del numero di notizie, differenziando altresì il colore delle stesse, ha determinato la creazione di fazioni che fidelizzano in modo subdolo lettori influenzabili.

L'ingigantimento del mercato media è stato in definitiva favorito da un fattore importante quanto di antiche radici: il profitto.

Il profitto è stato volano per la creazione di grandi gruppi corporativi di comunicazione, snaturando la natura stessa del servizio proposto, dando maggiore spazio a differenti esigenze espressive e comunicative.

Il profitto nei media è sempre stato basilare ma si è passati dalla stampa di giornali cittadini, perfettamente autosufficienti per il sostentamento in ecosistemi locali ad una industria internazionale che si batte sui numeri e sulle risorse per vincere sulla concorrenza.

Le motivazioni per cui i media si sono sempre resi appetibili dal punto del profitto è da rintracciarsi nella loro capacità di essere espressione di grandi gruppi economici, industriali o politici. L'oligarchia è diventata la forma di governo dei media, nella quale essi possono restare in vita, rendendole ogni giorno onore attraverso la rielaborazione delle notizie grezze ad uso e consumo, della stessa.

Questa trattazione del problema legato agli emolumenti elargiti in favore di taluni media apre il delicato problema delle lobby, congregazioni più o meno celate che lavorano e collaborano per mantenere uno status quo. Quale maggior tutela che una sana dose di comunicazione studiata e ben congeniata per ottenere compiacenze, favori e vantaggi commerciali. L'endorsement da parte dell'establishment è in definitiva la garanzia di sopravvivenza per testate e reti, case di produzione e stazioni radio per mantenere il favore economico utile alla sussistenza, magari condito da incentivi e vantaggi fiscali.

Libertà di espressione e la possibilità di conoscenza sono diritti che a qualsiasi latitudine posso comportare danni a livello economico e non solo, per questo i meccanismi che li regolano possono essere accurati, precisi e sottili da non far vedere di buon occhio taluni media rispetto ad altri complicandone la vita, limitandone i profitti e la sua stessa esistenza.

Il circolo vizioso è stato il corollario perfetto di questi tre aspetti: dimensione, proprietà e profitto dei mass media quale primo filtro della propaganda.


Il secondo filtro che caratterizza la propaganda segue a cascata quanto citato sopra, dove i profitti che ne permettono l'esistenza sono dipendenti dalla pubblicità.

Lo scollamento tra tiratura di un giornale, volumi di vendita e profitti ad essi associati hanno prodotto un inaridimento dei contenuti, favorendone l'apertura a brand e pubblicità.

Lo sfruttamento della carta stampata, radio, televisione e cinema, oltre alle altre forme espressive liberali contemporanee sono state in tempi diversi colonizzate, diventando di fatto nastri trasportatori di messaggi verso un'utenza. L'obiettivo però si è determinato subito, non è mai stato generico, acquistare spazi pubblicitari non si tratta di una prassi di rendicontazione ma ha previsto e prevede dapprima lo studio dei canali da scegliere in base ai mercati che si vuole andare a stimolare. La maggior necessità di avere un ritorno di investimento a fronte di veder accrescere le possibilità e le spese offerte nel settore della pubblicità hanno spinto quindi a preferire strumenti di comunicazione affini ad ambiti della collettività più attivi sul mercato. Di fatto la pubblicità esiste sui media soltanto per coloro che possono essere possibili acquirenti di prodotti e servizi. In quest'ottica i media che hanno appeal su ceti svantaggiati, divulgativi o particolarmente rilevanti per soli fini accademici o di arti espressive si sono visti penalizzati, poco attraenti nei confronti di investimenti e quindi più in difficoltà sui profitti.

La pubblicità ha abbassato i costi di produzione editoriale, permettendo di diminuire i prezzi di vendita; così facendo il mercato ha rigettato coloro i quali che non si rendevano competitivi non disponendo di entrate da emolumenti pubblicitari.

Non solo, in quanto la pubblicità ha agito anche da catalizzatore, una vera e propria cartina tornasole fornendo una sorta di patente che abilità i media più appetibili mentre degrada gli altri, con tutte le conseguenze del caso. Di fronte ad un concetto di libero mercato, l'azione di autoregolamentazione sarebbe ineccepibile ma nel caso in questione la pubblicità certifica di fatto un mezzo attraverso il quale passano notizie con tutti i rischi di malafede ad esso connessi.

Incentivare taluno o l'altro media non è un opera filantropica, ma deve attenersi alla necessità di avere un ritorno diretto in termini economici, commercializzando tanto la notizia quanto il mezzo che la trasporta.

L'obiettivo diventa distrarre, in quest'ottica per essere più appetibile il mezzo non deve essere difficile, pesante, controcorrente e troppo stimolante su tematiche calde, che produrrebbero un indesiderato disincentivo verso taluni investitori, per questo il media diventa più accomodante, semplice e diretto. Il media nel suo essere accomodante apre la strada alle inserzioni, agli investimenti e alla massa, lungi dal promuovere inchieste che non siano impartite, dovendo quindi omettere al più l'hic et nunc per privilegiare la riesumazione di tematiche passate.

I contraddittori, accesi o le inchieste rimangono possibili, una sorta di distrazione nel mare magnum, fornendo credibilità grazie al teatrino, aggirando le diffidenze e superando l'ostacolo della coercizione.


Come detto i media sono comunicatori di messaggi, per lo più notizie. Queste però possono essere nella loro oggettività cariche di significato potenziale, nelle mani del media esiste la possibilità di detonarlo o imploderlo.

La notizia è qualcosa di immanente, verificabile, un dato di fatto, che deve essere nell'ideale di media recepito, verificato e divulgato, senza per forza dover anche essere spiegato.

La notizia però è forse una dei più grandi centri di costo dei media e di fatto l'unico oggetto che permette la redazione di tot numero di pagine di un giornale, tot minuti di diretta di un telegiornale e via discorrendo. La notizia è oro, per questo costa e a meno di casi ad hoc non si può creare; Esiste però la possibilità sempre più concreta che la notizia sia un oggetto che viene somministrato al media attraverso inviati, informatori, segnalazioni e comunicati stampa.

I primi ovviamente sono più puri e grezzi, hanno bisogno di verifiche e trasferte, quindi altri costi. Nel caso invece di comunicati stampa, intesi anche come rendiconti, dossier, conferenze e altre forme di produzione da parte di operatori pubblici e privati rilevanti e affidabili, forniscono al minor costo possibile informazioni per lo più complete, esaustive e verificate, pronte all'uso. Niente di più facile per un media, che quindi vedrà il proprio core business passare dall'inchiesta e dalla vita sul campo, al lavoro di segreteria per ricevere e schedare innumerevoli comunicazioni da enti certificati

Il lavoro più snello, il basso costo e la certa produzione di contenuti con costanza assicurano ai media una scorta di notizie portandola ad una assuefazione dove mancanza di obiettività, ricerca e pluralità vengono superate dai numeri.

Lobotomizzare i media ancor prima dell'utenza è una strategia caratterizzante del nostro secolo, dove i media sono oberati di comunicazioni e si trovano a dover dar spazio invece che ha notizie, alle loro rielaborazioni, confezionate ad arte, da chi in sostanzialmente ne trae un vantaggio.

La quantità del lavoro svolto a monte da istituzioni e grandi realtà economiche alleggerisce il lavoro, per chi deve raccontare, la quantità di personalità che confezionano notizie sono maggiori di quelle che avrebbero l'obbligo di verificarle, sbilanciando il rapporto.


Addentrandoci in questa drammatica lettura dei media resta da sottolineare che tutta l'azione non sia lasciata al caso, priva di sistemi di autodifesa. I media dal canto loro sono soggetti che operano e possono di fatto esprimere ed esternare idee differenti, con il rischio di incorrere nel quarto filtro, ovvero si espongono ad attacchi polemici. Lo screditamento di posizioni non conformi ad un pensiero dominante non è azione solamente contemporanea, dalla notte dei tempi infatti la necessità di dimostrare le proprie ragioni passa attraverso al denigrazione di quelle difformi.

Lo stesso sistema di etichettatura tra giusto e sbagliato permette al potere dominante di agire nei modi e nei tempi ad esso più congeniali nello screditare calunnie o rimostranze.

Questo processo, potrebbe intendersi, per sua natura, destabilizzante, andando incontro al rischio di veder compromessa la propria autorità, se colti nell'uso di forza o intimidazione verso un dissenso.

Esiste quindi un'azione subdola fatta di boicottaggio o condizionamento atto a far terra bruciata intorno a media poco accomodanti, forzature poco visibili che restringono le possibilità di profitto agendo sull'autonomia finanziaria quale leva sulla libertà di espressione.

Un'altra forma di tutela è l'accreditamento verso posizioni affini da parte di esponenti, riconducibili direttamente o indirettamente allo stesso establishment che guadagna dalla "pubblicità positiva" di taluni racconti, spesso in studi o contradditori, atti a fidelizzare e creare un hype verso organizzazioni e governi.

Enti, fondazioni e associazioni, in alcuni casi baluardi di una cultura della meritocrazia e lontani dalle dinamiche economiche caratterizzanti dei settori produttivi e governativi internazionali, risultano essere colpevolmente complici nella certificazione di studi ed elaborazioni opportunamente guidati e sospinti ad una trattazione del tutto monodirezionale su temi cross-mediali con l'obiettivo malcelato di deviare la percezione della collettività nella lettura ed interpretazione di notizie grezze, impedendone di fatto una lettura organica ed oggettiva.


Il quinto filtro è posto al fondo di questa catena dell'elaborazione della notizia, ma per certi versi è la maglia più stretta che in alcuni casi con la sua difficile permeabilità risulta essere impossibile da superare, ostacolando ogni tipo produzione di contenuto da riversare sul panorama conoscibile dal pubblico.

Si tratta di un meccanismo di controllo definitivo, uno spartiacque invalicabile tra giusto e sbagliato nell'accezione determinata, imposta e difesa dal tipo di contesto sociale a cui si fa riferimento. Difficile in linea teorica da definire e forse facile scadere nella sua trattazione in una mera deformazione politica, ma facilmente riconoscibile secondo le conoscenze occidentali nel modo di leggere l'altro da se, quale nemico da combattere con la parola ancor prima che con la spada. Comunismo e Fascismo, Sinistra e Destra, Socialismo e Capitalismo, Democratici e Repubblicani.

Queste e mille altre scelte determinano la validità e validazione della notizia come degna o meno di essere riportata, espressa o opportunamente censurata. Gli Stati Uniti pre/post Guerra fredda e il Comunismo e Socialismo di Russia e Cina, sono esempi lampanti dell'opportuna opera di convincimento operata dai poteri governativi, statali e parastatali nella fondamentale azione di svilimento degli ideali politici antagonisti, la denigrazione dell'ideale politico opposto e la sua sistematica erosione, uno sgretolamento finalizzato a limitarne la presa sulle menti di influenzabili spettatori.

Creare notizie mettendo il nemico al centro di scandali, soprusi e violazioni della libertà umana, raffigurando la propria opera come lodevole a qualsiasi costo. L'esempio può e deve essere ribaltato ovviamente all'opposto per vedere come le modalità, siano di fatto sempre le stessa, a parti invertite. Si toccano in questi casi tasti più personali, la propaganda si rafforza in questo scenario, trovando humus fertile in menti predisposte, in classi sociali a rischio burn-out in contesti socioculturali adatti ad una ricettività alta con poche barriere e filtri a loro volta pronti a leggere tra le righe. In fondo i campi di concentramento, i gulag, la mancanza di diritti civili per i lavoratori, lo sfruttamento minorile, l'emancipazione femminile e molti altri aspetti più o meno impattanti sono da ritenersi accettabili se si ragiona con quelle che sono le capacità, gli strumenti e le conoscenze a disposizione delle persone che si pongono dinanzi a queste situazioni.

Una percezione distorta del quadro proposto come realtà fa ritenere all'osservatore congruo ciò che oggettivamente non lo è, traendolo in inganno, con la forza, con la malafede e in alcuni casi con una collaborazione implicita dettata dai benefici indotti dalla sua accettazione quale atto di fede. La didascalica trattazione sul tema, fredda e spesso maturata a posteriori nulla ha da spartire con la narrazione in corso di svolgimento di episodi, letti da occhi e menti differenti per contesto e conoscenze, visioni di insieme e ritorsioni dirette che rendono tanto confuso il falso quanto il vero.

Rendendo impossibile una valutazione ed elaborazione.

La dicotomizzazione è quindi il fulcro della propaganda, polarizzare i media significa depauperarli del loro principio cardine, togliendo dal loro repertorio la comunicazione, svilendoli a megafoni al soldo di chi urla più forte, che sia grazie al potere, al numero o alla forza economica. Spesso, oggi, questi tre elementi coincidono e diventa una sfida improba superare tale ostacolo di manipolazione della realtà.


Una lettura più attenta al tema è da rimandare al testo di Noam Chomsky e Edward S. Herman, "La Fabbrica del consenso - La politica e i mass media"


3 visualizzazioni

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page