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Restiamo Allegri

@AleCarchia

La fine di un'era, considerata da tutti come fisiologica si è palesata in modo dirompente, in tre stagioni di lento declino, da Allegri al suo gemello scarso sembra essere passato un secolo.

Due soli scudetti nelle mani delle milanesi ed ecco che il mondo sembra essersi ribaltato... Troppo in fretta e troppo violentemente.

Il passaggio doloroso, quando ancora di Covid non c'era traccia, dal vincente Allegri al "nemico" giurato Sarri, aveva fatto scalpore, storcere il naso a larga parte della tifoseria e come si è rivelato difficile da nascondere, anche a qualche 'quadro' in Società.


Solo gli esteti avevano accolto con giubilo la novella, nella speranza di un cambio di traiettoria, di gioco e di mentalità: La squadra era da svecchiare dopo otto anni di vittorie sul groppone, ai senatori serviva tirare il fiato.

Il Ronaldo visto con Max in panchina sembrava aver ora margini di miglioramento impressionanti soprattutto nella dimensione italiana, vista la sua naturale capacità a farsi trovare pronto sulla vetrina "europea"...

Dybala alla Insigne, difesa alta e tanta corsa erano aspetti che tutti volevano vedere e ad essere onesti, qualcosa si era intravisto.


Ma lo spogliatoio bianco-nero conta, contano i retaggi, quel nonnismo malcelato dietro una camicia bianca e un pantalone stirato. Qualche slogan al microfono ed ecco che il tecnico napoletano si è ben presto trasformato da esteta a impresentabile. Un allenatore non vincente, va detto, non può essere all'altezza dei predecessori illustri, anche se il compito in Serie A viene portato a termine, diverso il risultato in Europa dove al bel gioco si richiede di unire pragmatismo e una certa dose di fortuna.


Eppure la squadra in mano al tecnico, 'cresciuto' tra i dilettanti, ora arrivato sul palcoscenico più importante, avevano provato ad allestirla seguendo alcuni suoi dikatat... da li qualche scottatura che ancora oggi pesa sul bilancio e sulle prestazioni.

Ed è così che tra grandi investimenti ed elogi, il finalmente vincente Maurizio, dopo un solo anno di Juve, lascia, male al Juventus.

Hanno di fatto avuto ragione i senatori, una parte della dirigenza, quella che rimane oggi, mentre altre figure sono state lentamente accompagnate alla porta tra strette di mano come ad un aperitivo elegante dove nessuno in realtà sa il motivo per cui si trova in abito da sera, flute in mano e sorriso di cera stampato in faccia.


La piroetta bianconera è stata poi qualcosa di affascinante.

Il Covid ha cominciato a colpire sui conti delle società come sulle prestazioni, gli infortuni e gli slittamenti degli impegni agonistici in tutto il mondo.

Si è interrotta la stagione di Sarri, e alla ripresa dopo l'estate era tutto ancora più incerto.

Bisognava ricominciare, e la scelta dopo "l'errore" del tecnico inadatto è ricaduta sulla figura di un uomo che rispecchiasse il DNA Juventus, il suo stile e la sua aplomb sono state emblematiche, un marchio di fabbrica.

Si siede sulla panchina dell'Under 23 Andrea Pirlo e pochi giorni dopo, causa rifiuti da parte dei vari Zidane, Guardiola e chissà quali altri top manager, si chiede al Maestro di spostarsi di ufficio e guidare la Prima Squadra alla rinascita...


Il suo compito allenare, schierare e far vincere gli stessi uomini con qui pochi anni prima aveva sollevato trofei, condiviso vittorie e versato lacrime per cocenti delusioni europee.

Il clima era di giubilo, si diceva che finalmente era arrivata la versione in giacca e cravatta di Sarri, lo step che era mancato ad Allegri, un allenatore a cui sarebbe piaciuto il bel gioco... un 5-5-5 di fantasia ed estro, palleggio e transizioni offensive e difensive da far venire il mal di mare. Così è stato, il mal di mare è venuto a tifosi e società, una giostra di risultati discordanti con una rosa costruita per il predecessore, Andrea si rifornisce da Under 23 e Under 19... sperimenta, schiera formazioni avanguardistiche.

Il problema dell'età della rosa si acuisce, gli over 35 sono troppi, e gli ingaggi faraonici di panchinari compulsivi buttano benzina sul fuoco.

L'impossibilità di aver preparato la stagione, gli stop e i decreti non aiutano il tecnico e i ragazzi, che abbandonano la speranza del decimo scudetto consecutivo...

Ci si accontenta a fine stagione di un quarto posto, vitale per la dimensione Europea della squadra, di una Coppa Italia e una Supercoppa italiana che incrementano il bottino della sala trofei, le speranze e le ambizioni.


Poche settimane dopo la chiusura del mercato si decide però di dover cambiare ancora, pesa troppo la Serie A persa, finita nelle mani dei transfughi Conte e Marotta ora in forza all'Inter. Per questo il taglio netto con il "nuovo" coincide con il ritorno al futuro di Massimiliano Allegri.

Tre anni dopo sarà di nuovo lui, nel frattempo rimasto ai margini del calcio ma vicino agli ambienti Juventini grazie ad un forte legame con Agnelli, ad avere il compito di riportare il trofeo numero 39 o 37, dipende dai conteggi, alla Continassa.

Una speranza viene riposta anche in merito alla Champions League, in quanto il tecnico livornese è stato di fatto l'ultimo "italiano" a vedere per due volte una sera di primavera la coppa dalle grandi orecchie da vicino, con la possibilità di afferrarla, fallendo sì, ma di fronte a corazzate e giocandosela fino in fondo.


La stagione del ritorno inizia con un addio, agli esordi del campionato saluta un triste CR7, il cui rapporto con il mister non è mai stato idilliaco, per accasarsi con lo United, club che lo ha portato alla ribalta nel calcio che conta.

La sostituzione in corsa non convince, il rientro del figliol prodigo Kean, non scalda la piazza, la società e nemmeno le prestazioni sul campo sembrano poter far pensare di riuscire a colmare quel vuoto troppo ingombrante lasciato dal numero 7 portoghese.

Il roast di partenza si intuisce non sia all'altezza, un distratto De Ligt e una difesa a pezzi non aiutano un centrocampo lontanamente parente da quello sfavillante conosciuto nei primi anni di Stadium, mentre in attacco pochi gol, tanti infortuni e poca lucidità fanno il resto.


In società l'arrivo dell'aggiustatore Arrivabene ad affiancare il vice-presidente Nedved e il direttore Cherubini, fa presagire altre ambizioni.

A gennaio il colpo Vlahovic e l'arrivo di un paio di innesti funzionali smuovono la piazza, al pari delle cessioni eccellenti con destinazione il duo Paratici/Conte trapiantato nel Regno Unito, sponda Tottenham.

Ma nulla sembra poter risollevare la stagione iniziata in profondo rosso, e una volta abbandonate le speranze Campionato, il quarto posto sembra poter essere l'unica consolazione, si falliscono gli obiettivi secondari e la figura dell'ennesima eliminazione agli ottavi di Champions acuiscono il rammarico, lo sgomento e la consapevolezza di aver definitivamente abbandonato la Juventus vincente agli annali.

Il Milan raggiunge lo scudetto numero 19 strappandolo all'Inter, eguagliato, ora sotto la guida di Inzaghi. Si prospetta una estate di rivoluzione e cosi è...

Porte girevoli di Caselle che fanno gli straordinari, il ritorno di Pogba e l'addio di Dybala, che si accasa da svincolato alla Roma, incoronato da subito dal suo estimatore Mou.

L'arrivo per un anno di Di Maria, in vacanza dopo la sua esperienza parigina in attesa del Mondiale e della sua Argentina. Lasciano Torino anche Bernardeschi direzione Toronto e Chiellini direzione Los Angeles, si sistema il bilancio, si svecchia la rosa e si punta sulla cantera...

Giovani di prospettiva affiancati a mostri sacri sembra essere il giusto mix per questo nuovo corso Allegri-bis,


Ora non ha più scuse, si dice... ed è lì che si rompono subito Pogba e Di Maria mentre il rientro del lungodegente Chiesa slitta a data da destinarsi.

I risultati non arrivano e la nuova stagione si presenta come una copia sbiadita di quella passata, costellata di rimpianti, incertezza e contestazioni.

Brillano soltanto gli outsider, il contestato Milik arrivato da vice-Vlahovic, oltre a Perin, più impiegato del numero uno polacco che fa avanti e indietro dall'infermeria... Tutto da registrare, ma soprattutto, sofferenza, rincorsa e paura.

L'Allianz si svuota questa volta non per la pandemia, ma a causa di una crescente disaffezione, aumentano gli #AllegriOut, il fortino diventa campo di conquista, una landa desolata fatta di errori, sprechi e brutte figure...

Come tutto è iniziato 11 anni fa oggi sembra essere collassato, ma questa è la Juventus, la prima squadra di Torino, la più vincente... Amata o odiata sempre contestata tanto dall'esterno quanto dall'interno.


Questa è l'immagine di una zebra ferita, una fenice pronta a risorgere di nuovo, dopo la B, ancora più forte!

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